L'INCIDENZA DELLA MEDIAZIONE SULLA PRESCRIZIONE E SULLA DECADENZA - Articolo a cura di Gianfranco Bognandi

SOMMARIO: 1. Premessa: il dettato normativo; 2. Il termine di decadenza dopo il fallimento della mediazione; 3. Un’eccezione alla regola?

1.Premessa: il dettato normativo

L’art. 5 del D.lgs. 28/10 prevede, come noto, le ipotesi in cui la mediazione è obbligatoria, ossia prevista a pena di improcedibilità della domanda giudiziale. Il legislatore, però, si è anche posto, correttamente, il problema di regolamentare il rapporto tra la mediazione e due istituti del diritto civile per i quali il ritardo nell’esercizio dell’azione civile entro un certo termine può determinare il venir meno del corrispondente diritto, ossia la prescrizione e la decadenza.
Precisamente, la questione viene affrontata nel sesto e ultimo comma dell’articolo in esame, il quale si occupa in prima battuta, degli effetti della domanda di mediazione sulla prescrizione, disponendo, coerentemente con il dettato dell’art. 2943 c.c., che il termine di prescrizione sia interrotto non già dal deposito, bensì “dal momento della comunicazione alle altre parti”: è questo, invero, l’atto che rende la domanda di mediazione un atto recettizio, ossia reso conoscibile dal destinatario e, quindi, idoneo a produrre effetti nella sua sfera giuridica. Una volta notificata alla controparte (o alle controparti), la domanda di mediazione “produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”: essa, del resto, deve contenere, a mente dell’art. 4, comma 2, l’indicazione delle generalità delle parti del successivo – eventuale – giudizio e la descrizione, seppur sommaria, della res controversa, quindi petitum e causa petendi.
Per quanto concerne la decadenza, essa ha in comune con la prescrizione il fattore tempo, in quanto assegna al titolare di un diritto un dato termine perentorio per esercitarlo prevedendo che in mancanza tale esercizio gli venga definitivamente precluso, a prescindere dalle circostanze soggettive che abbiano determinato l’inutile decorso del termine. Il meccanismo è, tuttavia, diverso e difatti non trovano applicazione alla decadenza le norme riguardanti l’interruzione della prescrizione, mentre le ipotesi di sospensione sono soltanto quelle espressamente previste per legge (cfr. art. 2964 c.c.). Nel caso della mediazione, peraltro, il già richiamato comma 6 dell’art. 5 dispone che essa “impedisce la decadenza”, ma pur sempre “dalla stessa data” in cui essa determina gli effetti interruttivi della prescrizione, ossia quella in cui viene comunicata alle altre parti: non basta, pertanto, il mero deposito della domanda presso l’organismo di mediazione.
Proprio per questo è data, all’art. 8, comma 1, del decreto, la possibilità che della comunicazione della domanda con la data del primo incontro possa assumersene incarico anche la parte istante, così da dargli la possibilità di curare direttamente quell’atto che, solo, gli consente di evitare l’inutile decorso dei termini sia di prescrizione che di decadenza, con la facoltà di scegliere liberamente anche il mezzo che egli ritenga più idoneo e celere ad assicurarne la tempestiva ricezione da parte dei destinatari.
Occorre tener presente, peraltro che la decadenza è impedita “per una sola volta” e che “se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo”.
Proprio su quest’ultimo aspetto, di rilevanza fondamentale, si appuntano le attenzioni degli interpreti: quale termine inizia a decorrere dal deposito del verbale negativo di mediazione: è quello originario che riprende il suo decorso da dove si era fermato alla data in cui la domanda di mediazione era stata comunicata alle parti chiamate oppure termine che inizia ex novo?
 
  1. Il termine di decadenza dopo il fallimento della mediazione
Chiaramente, tra le materie per le quali, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, è prevista la mediazione a pena di improcedibilità, quella in cui nella casistica maggiormente ricorre la problematica in questione è il condominio, laddove la decadenza è ricollegata al termine di soli trenta giorni per l’impugnazione delle delibere assembleari. 
Ebbene, nella giurisprudenza di merito si sono registrate sul punto alcune incertezze esegetiche, affermandosi talora una sospensione del termine decadenziale con consequenziale ripresa del suo decorso tenendo conto del periodo già trascorso prima della comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione[1]. Peraltro, qualsivoglia dubbio interpretativo non potrà che essere superato ove si prenda in considerazione il chiaro dettato normativo: si prevede, difatti, che la comunicazione della domanda di mediazione “impedisce la decadenza” e che, fallita la mediazione, l’impugnazione va proposta entro un nuovo termine di decadenza, della stessa durata di quello originario, che decorrerà “dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo[2].
Non può, tuttavia, trascurarsi come per prima la Suprema Corte di Cassazione avesse già dato una corretta attuazione alla disposizione in esame puntualizzando come a seguito dell’esperimento della mediazione con esito negativo il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione giudiziale debba farsi decorrere “ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell'organismo di mediazione[3].
  1. Un’eccezione alla regola?
Non sfuggirà ai più attenti lettori l’anomalia della norma in discorso: in essa, infatti, sembra volersi di fatto introdurre un’ipotesi di interruzione del termine decadenziale[4], che si pone in tutto e per tutto come una vera e propria eccezione alla regola generale sancita dall’art. 2964, primo comma, c.c., alla stregua del quale, appunto, al termine previsto a pena di decadenza “non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione”. Da qui il consolidato insegnamento per cui i termini decadenziali non sono suscettibili di interruzioni, né di proroghe, salve le ipotesi, invero alquanto rare, di proroga dei termini per l’esercizio di atti civili o processuali in occasione del verificarsi di disastri, inondazioni, calamità o scioperi, nonché, come si è da ultimo verificato, per il diffondersi di pandemie.  
A ben vedere, però, l’eccezione è più apparente che reale e comunque coerente con l’intento del legislatore che, come già dianzi rilevato, equipara la domanda di mediazione (rectius: la sua comunicazione) nei suoi effetti su prescrizione e decadenza alla domanda giudiziale. Essa, pertanto, “impedisce” la decadenza proprio perché l’interessato esercita il diritto nel termine che gli è stato assegnato, proprio come accade quando viene intrapresa l’azione giudiziaria[5].

 

 

 

[1] Cfr. in tal senso Tribunale di Palermo, sentenza n. 4951 del 18.09.2015, nonché Giudice di pace di Giarre, sentenza del 28/08/2018.

[2] Si vedano in tal senso, ex pluribus: Tribunale di Monza, sentenza n. 65 del 12.01.2016; Tribunale di Milano, sentenza n. 13360/16 del 02.12.2016; Corte di Appello di Palermo, sentenza n. 1245/2017; Tribunale Torre Annunziata, sentenza n. 1703 del 03/07/2019.

[3] Cass. civ., sentenza n. 17781/2013, resa a Sezioni Unite, nonché, tra le più recenti, Cassazione civile, sez. II, sentenza n. 27251 del 26/10/2018.

[4] Cfr. in tal senso Cassazione civile, sez. II, sentenza n. 27251/2018, cit., nonché Tribunale di Roma, Sentenza n. 5382 del 12/03/2019, che parla di “effetto di tipo interruttivo”.

[5] Vedasi in tal senso Tribunale Roma, Sezione 5 civile, Sentenza 5 marzo 2019, n. 4927.